Di Marco Vesperini
I cittadini di Sant’Elpidio a Mare continuano la loro battaglia, insieme all’Amministrazione comunale, per bloccare qualsiasi possibilità di concessione di estrazione all’Edison. Questo il messaggio uscito dal convegno sulle problematiche inerenti lo stoccaggio del gas, tenutosi lunedì 10 giugno presso il cine-teatro “L.Cicconi” del borgo medievale. Promotori dell’iniziativa il Comune, con la presenza dell’assessore all’urbanistica Marcello Diomedi e il Movimento 5 Stelle, tra cui il geologo Serafino Angelini e il consigliere di Porto Sant’Elpidio Roberto Cerquozzi. Relatrice per l’occasione la Prof.ssa Maria Rita d’Orsogna, fisico, ordinario di dip. di matematica alla Northridge California State University.
La zona “Palazzo Moroni” dove dovrebbe sorge l’impianto comprende due pozzi, in questi giorni alcuni addetti della società energetica stanno effettuando non specificati rilevamenti in loco. Probabilmente dovuti alla ricerca di una “scappatoia” dalla procedura avviata dal Comune per evitare il rilascio del N.o.f (Nulla osta di fattibilità), così da evitare che venga data la concessione dal Ministero dello sviluppo economico. Ma quest’ultimo deve aspettare l’ok della Regione che sembra orientata per il no, riguardo al caso elpidiense. “La provincia ci ha sostenuto formalmente in questa vicenda – afferma Diomedi – chi non ha espresso il parere ufficiale è la regione, ma l’assessore Sandro Donati ci aveva detto ufficialmente che la regione dirà no, e anche se l’assessore è cambiato sembra non essere cambiata quest’idea”. A Sandro Donati è subentrata la morrovallese Sara Giannini.
Elevata l’affluenza all’evento di elpidiensi e non, di tutte le età. A dimostrazione di quanto la cittadinanza sia coinvolta e non voglia lasciare sola l’amministrazione in una battaglia che, purtroppo, sarà lunga e logorante. Lo sa bene la Prof. d’Orsogna che durante la serata ha esposto le problematiche riguardo l’estrazione petrolifera, lo stoccaggio del gas nei pozzi svuotati dal carburante fossile, i problemi legati alla subsidenza e i terremoti registrati nella vicinanza delle strutture di stoccaggio in America e in Europa. “L’estrazione del petrolio o gas italiano, il primo classificato ai maggiori livelli di impurità, avviene, come in ogni altra parte del mondo, con la tecnica del “fracking” (n.d.r. fratturazione idraulica). Attraverso lo sfruttamento della pressione di un fluido, in genere acqua, per creare e poi propagare orizzontalmente una frattura in uno strato roccioso, precedentemente trivellato fino ad una certa profondità. Lo stoccaggio del gas – continua il fisico – è consequenziale, dato che proprio questi bacini vengono usati come magazzini naturali per l’inserimento del metano nel sottosuolo”.
Tale tecnica è altamente pericolosa, sia per la problematica riguardante la subsidenza, cioè all’abbassamento del livello del terreno, e l’aumento delle probabilità di terremoti anche in aree non sismiche. L’esempio più evidente della prima è quello del ravennese, dove un’ampia zona costiera è soggetta a questo inarrestabile “affossamento” del terreno; tanto che negli anni c’è stata la completa distruzione dei peschi, alberi con profonde radici che al contatto con l’acqua marina fattasi strada attraverso il terreno e contaminando anche le falde acquifere soprastanti. Proprio vicino Ravenna vi sono dei pozzi attivi di metano dell’Agip. E il collegamento può ritrovarsi anche nella legislazione, tanto che nella città e nelle zone limitrofe un cittadino non può costruire un pozzo artesiano tranne che per l’Eni.

Zone di stoccaggio in Lombardia, quelle rosse sono zone a rischio sismico, in quelle nere dovrebbe essere stoccato il gas.
Per quanto riguarda la probabilità del generarsi dei terremoti invece, gli esempi portati sono vari, dalla numerosa letteratura americana in materia, allo studio olandese fatto preventivamente la costruzione di questo tipo di impianto. “Lo studio olandese ha stimato che lo stoccaggio causerà terremoti fino a 3.9 Ml Richter e che nella durata della concessione potranno avvenire terremoti con intensità maggiori. Tanto che Shell ha stanziato 100 milioni di euro per eventuali danni alla popolazione”. Quel sito soggetto allo studio è una zona non a rischio sismico.
Un’altra problematica riguarda la depurazione del petrolio italiano, che nei suoi minuscoli giacimenti sparsi nel territorio (così bassi i quali insieme potrebbero coprire soltanto il 6 % del fabbisogno annuale di energia), necessitano di una depurazione da zolfo in loco. Di esempi ce ne sono vari, quello più vicino a noi è il progetto esistente in Abruzzo, presso Ortona. I desolforatori, cosi vengono chiamati questi impianti, bruciano nell’aria lo zolfo, bruciando anche idrogeno, benzene e altre sostanze cancerogene. Per darvi un’idea della pericolosità ambientale e per la salute, il benzene negli anni 50 è stato ritenuto pericolo a contatto con l’aria oltre lo 0 %.
In Italia, i precedenti governi sono stati tutti favorevoli sia all’estrazione con la tecnica del “fracking” sia allo stoccaggio del gas, l’attuale governo è tuttora favorevole. Oltre a ciò, le compagnie multinazionali vedono l’Italia come uno stato fertile per i loro business, a differenza di altri paesi dove la legislazione è chiara e le barriere sono molte. “Come fa notare in una sua slide agli investitori la Petrolceltic, una compagnia inglese, che investire in Italia conviene perché la benzina costa cara, il rischio politico è basso, le concessioni costano pochissimo, non bisogna pagare niente per i danni, controlli bassi e spesso in conflitto di interessi”. Afferma il fisico della Northridge. Aggiungerei che in Italia lo Stato chiede l’1,9 al metro cubo per se, ai livelli più bassi del mondo, basti pensare che in Europa l’ultimo posto lo occupa l’Ungheria con il 3,1 e il primo è la Germania con il 10,9.
A Sant’Elpidio a Mare, Marcello Diomedi rassicura. “Abbiamo costretto l’Edison a fare, oltre che quattro previsioni documentali, anche una quinta molto pesante per loro, un rapporto preliminare di sicurezza. Non vi è dubbio che la partita si giocherà nella prossima conferenza finale dei servizi, ma se anche la Regione ci appoggerà, siamo fiduciosi del risultato e – continua l’assessore – senza il N.o.f. loro non possono costruire. Sono più ottimista di qualche mese fa, speriamo che la Regione non si tiri indietro”.