Non cessa la repressione del governo Erdogan contro i manifestanti. Nella giornata di ieri, dopo violenti scontri in cui la polizia turca ha fatto uso di idranti con sostanze urticanti e gas lacrimogeni contro migliaia di manifestanti, anche disabili, sono state arrestate 441 persone a Istanbul e 56 nella capitale, Ankara. Durante gli scontri sembrerebbe che sia stato ferito da colpi di manganello anche un fotografo free-lance italiano, Daniele Stefanini, livornese, prima trasportato in ospedale in stato di shock e poi in caserma per essere ascoltato. La Farnesina ha fatto immediatamente sapere che non c’è pericolo per il connazionale, che attualmente è stato raggiunto da due funzionare del Consolato italiano ed ha sentito la famiglia per via telefonica.
La Turchia è in fiamme dopo che nella giornata di sabato le forze dell’ordine hanno sgomberato Gezi Park, simbolo della protesta. L’ultimatum era stato lanciato dal premier in persona. “Liberate Gezi Park entro domenica o lo faranno le forze di sicurezza”. L’attacco è arrivato all’improvviso, nel pomeriggio, quando nel parco c’erano famiglie e bambini. Gli agenti, con indosso le maschere antigas, hanno cominciato ad avvertire i manifestanti con i megafoni di abbandonare l’area. Poi due camion ad acqua sono riusciti ad entrare nel piccolo bosco e hanno aperto gli idranti contro la popolazione. “Taksim è ovunque, Taksmin è per sempre”. Gridavano dalle uomini, donne e bambini. Poi sono partiti i lacrimogeni. E i poliziotti hanno sfogato la propria rabbia con i manganelli su tende, i pronto soccorso, la biblioteca, ovunque si rifugiassero i difensori del parco. Perfino l’hotel Divan, di fronte al parco, non è stato risparmiato dalle cariche.
Dall’inizio delle proteste tre manifestanti sono stati uccisi (tutti giovanissimi) e 7500 feriti, almeno 50 dei quali risultano in condizioni gravi, mentre 11 hanno perso la vista. Un poliziotto è morto cadendo da un ponte in costruzione mentre effettuava una carica. Questi i dati ufficiali, ma le cose potrebbero essere peggio. Molte voci di attivisti e giornalisti da tutto il mondo, confermano che varie persone morte negli ospedali per le ferite subite negli scontri non vengono annoverate tra i morti ufficiali. Anche perché il governo ha retto una cortina di ferro, minacciando direttamente i medici di non far trapelare possibili collegamenti. Tra questi vi è la testimonianza dal blogger italiano Fabio Perrone, studente erasmus ad Izmir, terza città per grandezza, ha assistito in prima persona alle violenze della polizia. Ieri infatti, alcuni appartenenti all’ordine, sono stati arrestati perché avevano prestato soccorso ai manifestanti, ritenuti criminali dal governo Erdogan. L’indifferenza per diritti fondamentali, di un paese membro dell’Unione Europea, sono agghiaccianti. Le forze dell’ordine negli scontri prendono di mira soprattutto i giornalisti, i reporter, che non hanno il tesserino governativo, pestandoli con i manganelli, distruggendo le strumentazioni e in alcuni casi arrestandoli.
La situazione è sfuggita di mano. Intanto è stato organizzato uno sciopero generale dei sindacati contro la violenza della polizia nel Paese, come dichiarato il Disk (Confederazione dei sindacati progressisti) e il Kesk (Confederazion dei sindacati del settore pubblico) per chiedere che cessino immediatamente le violenze perpetrate dagli agenti nel disperdere le manifestazioni anti-governative nate dal Gezi Park di Istanbul. Sono centinaia di migliaia i lavoratori rappresentati da questi sindacati e lo sciopero da loro indetto avrà conseguenze sul funzionamento di scuole, ospedali e uffici pubblici. Ma il ministro degli interni turco Muammer Guler ha dichiarato “illegale” lo sciopero proclamato oggi dai due grandi sindacati Disk e Kesk per denunciare la violenza della polizia e ha avvertito che le forze dell’ordine “non lo consentiranno”. Secondo Guler “c’è la volontà di far scendere la gente in piazza con azioni illegali come uno sciopero e un’astensione dal lavoro”. Allo sciopero hanno aderito i sindacati dei medici, dei dentisti e degli architetti.
l’Associazione dei giornalisti progressisti della Turchia ha condannato le violenze della polizia. In particolare, l’associazione ha riferito del caso di Gokhan Bicici della IMC TV, che è stato picchiato da cinque poliziotti, buttato a terra e ammanettato prima di essere arrestato. Ad altri, invece, è stato impedito di svolgere il proprio lavoro in quanto non erano in possesso di pass rilasciati dal governo. “I giornalisti sono diventati un obiettivo per evitare che la gente sia messa a conoscenza degli attacchi condotti dalla polizia – denuncia l’associazione – Il vero obiettivo degli attacchi, rivolti principalmente ai lavoratori delle istituzioni dell’opposizione, è il diritto a comunicare in privato e i diritti umani universali in generale”. L’Unione degli avvocati turchi ha lanciato un appello al Segretario del Consiglio d’Europa Thornbjorn Jagland: il Consiglio d’Europa, di cui fa parte la Turchia, ha la facoltà secondo l’articolo 52 della Convenzione europea dei diritti umani, di chiedere formalmente spiegazioni a un paese membro sul rispetto delle libertà fondamentali.
In queste ore si sta svolgendo il G8 in Irlanda del Nord, i potenti del mondo si dicono “scioccati” per gli avvenimenti in Turchia. Mentre Erdogan dopo la condanna della brutalità delle forze dell’ordine afferma. “Non riconosco il Parlamento Europeo”. Durante il summit irlandese la concentrazione ricadrà sulla Siria, chissà se le urla dei manifestanti anti-governativi turchi raggiungeranno Belfast.
Marco Vesperini