Di Riccardo Marchionni
SANT’ELPIDIO A MARE – A pochi minuti dal quartiere Fonte di Mare, tra i fiumi Chienti ed Ete Morto, c’è la Basilica Imperiale di Santa Croce al Chienti. La Basilica e il suo circondario sono state lasciate all’abbandono fino a pochi anni fa. Per far fronte a quest’inaccettabile situazione di degrado è nata un’omonima associazione che opera per il recupero, la tutela e la salvaguardia dell’Abbazia, cercando di favorire gli studi e le ricerche atti a far meglio conoscere la sua storia millenaria e per promuovere l’immagine del territorio allo scopo di rinnovare, tramandandole, le migliori tradizioni storiche, sociali e culturali elpidiensi.
L’Associazione Santa Croce ha così iniziato un lungo e complesso lavoro di pressione a vari livelli per riuscire a trovare i fondi per il recupero e la valorizzazione della Basilica. Il primo successo dell’associazione è stato il riconoscimento del vincolo tutelare della Soprintendenza ai Beni Culturali. Un’altra strada percorsa è stata quella dei soldi pubblici, e con l’aiuto del senatore Luciano Magnalbò, che aveva preso a cuore la questione, sono stati inseriti in un decreto omnibus i soldi necessari al restauro(tre milioni di euro).
L’opera di restauro, in continua concertazione con la Soprintendenza, è durata dieci anni. È stata quindi “lunga e molto faticosa” dichiara la presidentessa dell’associazione, Marisa Colibazzi. Alla fine i soldi non sono stati sufficienti per un recupero totale, ma ci sono state delle sorprese interessanti. Cercando la cripta sotterranea, grazie alla volontà dell’associazione, sono stati trovati i resti di una preesistente costruzione datati V-VI secolo, e dunque di diversi secoli antecedente alla datazione documentata della Basilica, che la fa risalire al IX secolo (887 d.C.), retrodatando di molto l’inizio degli insediamenti umani in quel fazzoletto di terra. Il critico Vittorio Sgarbi durante la visita ai sotterranei di Santa Croce ha detto, “qui sotto mi sento invaso dalla bellezza”.
Il restauro e quest’inaspettata scoperta hanno aumentato il crescente interesse già mostrato da studiosi, ricercatori, studenti universitari, semplici appassionati, e anche da riviste specializzate,come ad esempio il mensile “MedioEvo“, che ha riservato alla Basilica uno speciale di 14 pagine. L’associazione ha anche pubblicato molti studi riguardanti la Basilica, scaricabili gratuitamente dal sito web.
L’intera Abbazia e il territorio agricolo circostante sono di proprietà privata. Questo ha complicato non di poco l’iter di restauro e di gestione della struttura, che è visitabile i primi due mercoledì di ogni mese, cioè il “minimo sindacale” per un bene restaurato con soldi pubblici. In situazioni come queste dovrebbe essere l’amministrazione pubblica a dare slancio ad una realtà che ha delle enormi potenzialità e che ha dimostrato con costanza negli anni la propria buona volontà e la capacità di raggiungere risultati importanti.
Dall’instancabile lavoro di quest’associazione e dall’incontro con alcuni professionisti locali, è nato un progetto che dalle nostre parti è proprio una rarità. In realtà non ha niente di speciale, o di anormale, ma è proprio la sua semplicità e linearità che lo rende così bello. Sto parlando di Contrada Condivisa, un progetto che mira alla riappropriazione del territorio da parte delle comunità locali, basandosi sulla partecipazione e la condivisione tra diversi soggetti sia pubblici che privati.
In sostanza si vuole riqualificare il territorio della Contrada Santa Croce tramite un percorso di partecipazione con la popolazione locale che già lo frequenta, per farlo diventare accogliente ed appetibile anche alle persone che vivono nei comuni limitrofi, ed ai turisti che d’estate popolano la nostra costa.
La riqualificazione è intesa in senso naturalistico ed ecosostenibile. L’idea è quella di utilizzare tre fattori: la comunità, il territorio e la condivisione, per innescare interventi volti alla creazione di nuovi percorsi pedonali, al potenziamento di quelli esistenti, e alla creazione di aree di sosta multifunzionali.
Giovedì 12 gennaio, all’auditorium Della Valle di Casette d’Ete, c’è stata la presentazione di Contrada Condivisa. L’architetto Paolo Fortuna e l’ingegnere ambientale Elisa Fortuna hanno ottimamente spiegato al pubblico presente l’idea e il piano d’azione per la realizzazione del progetto. L’agronomo Silvio Pierdomenico ha dato una visione filosofico-sociale del progetto, e ha suggerito delle buone proposte per le attività future della Contrada, come la possibilità di certificare il cibo prodotto dagli orti condivisi da destinare alle mense scolastiche.
“Il progetto non va assolutamente contro i piani delle amministrazioni locali di Sant’Elpidio a Mare e di Porto Sant’Elpidio, che stanno lavorando per la creazione di una pista ciclabile che colleghi i due comuni” ha dichiarato all’inizio della serata Marisa Colibazzi, “ma va ad integrarsi con questi”. “Per il momento non chiediamo soldi al Comune ma un supporto dal punto di vista tecnico e burocratico, consapevoli che se in futuro serviranno altre risorse, sappiamo di poter contare anche sulla disponibilità dell’amministrazione”, ha concluso.
Per la prossima estate contano già di realizzare due/tre postazioni lungo il percorso. La realizzazione sarà possibile grazie alla prestazione volontaria di manodopera da parte dei simpatizzanti e/o dei residenti e dalla messa a disposizione di attrezzature e materiale da parte di privati e sponsor interessati a dare una mano.
Il progetto Contrada Condivisa inoltre, grazie alla collaborazione di Paolo Fortuna con uno studio architettonico viennese, è inserito in un ampio progetto di respiro europeo volto alla valorizzazione ecosostenibile di zone simili, per creare una rete tra le varie realtà di questo tipo.
L’attività dell’associazione riprenderà a breve con la rassegna “INCIPIT”, una serie di sei incontri culturali distribuiti tra febbraio e aprile. All’interno della sede dell’associazione, in pieno centro storico di Sant’Elpidio a Mare, concessa in comodato gratuito da un privato elpidiense, è in corso la mostra “Hoc Eventum Portentuosum” che svela al pubblico le “pietre di Santa Croce”, delle pietre con incisioni e sculture ritrovate durante il restauro di un palazzo storico di Sant’Elpidio a Mare, che grazie al lavoro dell’associazione sono state analizzate ed accreditate alla Basilica di Santa Croce.
La messa in opera di questo progetto è un esempio da imitare, è la dimostrazione che l’azione sul territorio non è solo responsabilità delle amministrazioni locali, e che spesso quando sono i cittadini ad auto-organizzarsi tramite percorsi di condivisione e non di spettacolarizzazione o esibizionismo personale, i risultati sono veramente ottimi.
Complimenti all’associazione Santa Croce e buon lavoro per il futuro!