Europee, 5 Stelle presentano il candidato Bottiglieri

La senatrice Serenella Fucsia rivendica l’emendamento dei pentastellati sull’esenzione dal pagamento delle cartelle di Equitalia per le aziende creditrici dello Stato. Mentre la deputata Patrizia Terzoni scocca una freccia all’ex sindaco, ora deputato, Paolo Petrini. “La sua legge regionale sulle centrali a biogas è stata dichiarata incostituzionale e il ritorno economico c’è stato per i soliti imprenditori e non per i piccoli agricoltori”.

Di Marco Vesperini

PORTO SANT’ELPIDIO – Un comizio baciato dal sole quello avvenuto domenica in piazza Garibaldi: protagonisti i rappresentanti del Movimento 5 Stelle per le europee. Le due parlamentari marchigiane Serenella Fucsia e Patrizia Terzoni, insieme ai consiglieri comunale Marco Fioschini e Massimo Spina, hanno presentato il candidato per la circoscrizione centro Fabio Bottiglieri.

“Siamo l’unica opposizione – afferma la senatrice Fucsia – dobbiamo mandare nel Parlamento europeo chi potrà informarci realmente sui meccanismi che governeranno le politiche del nostro futuro”. La direttiva Bolkestein ancora una volta al centro del dibattito. “Bisogna rimodulare lo scambio dei servizi nel mercato europeo, così com’è la direttiva non fa altro che danneggiare i nostri prodotti”. La senatrice introduce anche il lavoro dei pentastellati per una legge che preservi realmente il 100% Made in Italy. Mentre la deputata Terzoni, membro della Commissione Ambiente, scocca una freccia all’ex sindaco Petrini, prima vice governatore di Spacca, ora deputato alla Camera. “Il mio collega Petrini, che è stato premiato dal suo partito con un posto alla Camera, è firmatario di una legge incostituzionale sulle centrali a biogas”. Riferendosi alla sentenza della Corte Costituzionale, n.93 del 2013, che dichiarava parzialmente incostituzionale la legge regionale sulle centrali a biogas. Una brutta storia che ha ricevuto anche l’attenzione della Procura di Ancona, in un procedimento in cui sono coinvolti alti funzionari regionali, imprenditori e professionisti, legati da regalie e consulenze di società incrociate.

Il candidato civitanovese Bottiglieri ricorda “la sanzione europea che rischiamo di dover pagare per la speculazione dei 7,5 miliardi avvenuta con la ricapitalizzazione della Banca d’Italia”. Una cifra, che se fosse applicata, girerebbe intorno ai 50 milioni di euro. Non manca l’importanza di ottimizzare gli sprechi nelle rappresentanze dell’Unione. “Le ambasciate europee nei vari paesi hanno il quintuplo dei dipendenti delle singole nazioni. Alle isole Mauritius – una delle più piccole – ci sono 37 impiegati rispetto i 4 dell’ambasciata britannica”.

“Ius Soli”, i tempi sono maturi?

Di Marco Vesperini

L’acquisto della cittadinanza italiana da parte di persone extracomunitarie è stato negli anni un tema fortemente dibattuto. Molti sono stati gli slogan nelle varie elezioni da sinistra, eppur oggi, nel 2014, questo paese non è riuscito a dotarsi di una legislazione chiara in merito. Indietro, ancora una volta, rispetto molti altri paesi dell’Unione Europea. 

MACERATA – Come spieghereste ad un bambino che seppur nato in un paese, possiede meno diritti rispetto un suo compagno? Una domanda che sempre più persone si sono poste dato il cambiamento demografico avvenuto negli ultimi trent’anni nel nostro paese.

Abbiamo chiesto al dott. Preci, cittadino albanese che da molti anni vive in Italia, dove ha condotto i propri studi di giurisprudenza, ex membro del Cda dell’Università, nonché da sempre attivo per portare questo dibattito nella società civile, cosa prevede la legge e quali strumenti legislativi si stanno mettendo in atto.

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Gentjan Preci lei vive da molti anni in Italia dove lavora ed ha concluso il suo percorso di studi in giurisprudenza con una tesi sullo “Ius Soli”, perché questa scelta?

La scelta dell’argomento della mia tesi è derivata dal dibattito politico che ultimamente si è acceso in Italia. La situazione in cui si trovano le seconde generazioni (figli degli immigrati nati in Italia) mi ha incuriosito molto e quindi ho iniziato ad approfondire questo tema, oggi di stringente attualità.

Può spiegarci l’importanza di un tema che negli ultimi anni è molto sentito anche nel nostro paese dove le nuove generazioni sono a contatto con cittadini comunitari ed extracomunitari più che nel passato?

Sicuramente è un tema molto discusso negli ultimi tempi, che è stato accantonato perché scomodo, di importanza secondaria per l’agenda politica dei governi susseguitisi negli anni. La disciplina della cittadinanza è regolata dalla legge 91 del 1992 che nasce “già vecchia” in quanto non tiene conto del fatto che l’Italia era non più un paese di emigrazione ma piuttosto di immigrazione ormai; questa legge tutela particolarmente gli italiani che vivono all’estero mentre evidenzia una certa chiusura verso gli stranieri che vivono stabilmente sul territorio nazionale. Oggi, nel 2014, nonostante i nuovi cittadini (le cosiddette seconde generazioni) in Italia siano quasi un milione, non esiste ancora una legislazione in grado di riconoscere loro la cittadinanza e i diritti fondamentali a quest’ultima collegati: I ragazzi/e nati in Italia da genitori stranieri infatti, devono attendere il compimento del 18° anno di età per poter chiedere il riconoscimento di questo diritto, nonostante frequentino le stesse scuole e seguano lo stesso percorso dei loro coetanei italiani.

Cosa ne pensa della riforma di legge sulla cittadinanza portata avanti dal governo Letta? Le linee generali che sembrano saranno contenute nel testo della legge possono dare una risposta reale?

Con la conversione in legge e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale (il 20 agosto 2013) sono diventate definitive le norme previste dal cosiddetto “Decreto del Fare” per le seconde generazioni, l’intervento legislativo più rilevante posto in essere da quel governo sul tema dell’accesso alla cittadinanza. Un intervento che, pur semplificando il cammino verso la cittadinanza dei figli dell’immigrazione nati e cresciuti in Italia, non esaurisce la complessità della questione: la sostanza del problema resta invariata e a pagare il prezzo sono coloro che non hanno nessuna colpa, tranne quella di essere nati da genitori stranieri.

Come crede dovrà interagire una legislazione italiana nel contesto europeo? Basti pensare alle ricette varie dei singoli paesi europei, il doppio ius soli di Francia, Lussemburgo, Olanda, Spagna e lo ius soli per residenti previsto per Germania, Irlanda e Regno Unito.

La normativa italiana in materia di cittadinanza è certamente la più restrittiva tra quelle adottate dai Paesi della UE, anche da quelli esposti ad ingenti flussi migratori. Nell’ordinamento Italiano, l’accesso alla naturalizzazione giuridica da parte di un cittadino straniero è ammesso dopo un periodo di residenza di dieci anni, che diventano quasi sempre dodici o tredici per via delle lungaggini burocratiche. Sia in Francia che nel Regno Unito sono invece richiesti cinque anni.

Anche in un paese come la Germania, tradizionalmente legato a un’idea di cittadinanza improntata allo ius sanguinis, così come nella tradizione giuridica italiana, la normativa introdotta nel 2006 ha abbassato a otto anni il periodo di tempo necessario per richiedere la naturalizzazione e ha inoltre notevolmente semplificato le procedure per l’acquisizione della cittadinanza da parte dei minori stranieri nati e/o residenti nella Bundesrepublik.

In Spagna la legislazione è alquanto simile a quella italiana, tuttavia nella prassi, e anche “de iure”, gli ostacoli frapposti all’acquisizione della cittadinanza sono inferiori rispetto a quelli che si incontrano solitamente in Italia. Il punto è che in Italia l’acquisizione della cittadinanza non si configura ancora come un diritto garantito ma rimane una concessione, legata ad una scelta discrezionale della Pubblica Amministrazione competente, con i caratteri di arbitrarietà e insindacabilità che ciò implica. Serve una legge che aiuti l’integrazione degli stranieri, sulla falsariga degli altri paesi europei. Una soluzione potrebbe essere , ad esempio, una scelta legislativa improntata al criterio dello ius soli temperato, in modo che il figlio di immigrati, nato e cresciuto in italia, diventi cittadino italiano dopo aver concluso un ciclo scolastico.

Questo tema spesso viene correlato all’immigrazione, anche nella “Fortezza Europa”, quanto crede che questo incida e come secondo lei?

I grandi processi geopolitici e macroeconomici mondiali in questo momento hanno spostato il baricentro politico ed economico molto lontano dal nostro continente: al centro dei nuovi fenomeni globali ci sono paesi come la Cina, l’India, il Brasile, per citarne alcuni, mentre l’Europa sembra sempre più essere stata ridotta ad un ruolo marginale, schiacciata in una posizione periferica. L’Europa non può pensare di resistere all’impatto di questi fenomeni ripiegandosi su se stessa, arroccandosi nella difesa delle proprie identità, ma è appunto aprendo le proprie frontiere ed affrontando con coraggio i temi dell’immigrazione che essa può aprire nuove prospettive di crescita e di progresso. Occorre puntare su quella grande risorsa che i cittadini extracomunitari rappresentano per i paesi europei, e per far ciò è necessario che questi ultimi arrivino ad una posizione unitaria e condivisa sul tema. Da qui passa la grande sfida del futuro della “vecchia” Europa.

Qual è il suo punto di vista, l’Italia ce la farà a dotarsi di una legislazione chiara in materia?

L’importanza della questione “seconde generazioni” e l’urgenza di una più equa ed avanzata normativa sulla cittadinanza è stata sollevata in più circostanze. Molte sono state le proposte avanzate in parlamento ma manca la volontà politica di approvare una legge organica sulla cittadinanza, che garantisca a tutti i figli degli stranieri, nati e cresciuti in Italia, il diritto di partecipare alla vita politica e sociale di un Paese che è loro ma che li considera “non-cittadini”, “soggetti con permesso di soggiorno”, o “cittadini di serie b”. Recentemente sono state emesse varie sentenze che hanno sottolineato l’inadeguatezza di questa legge; adesso spetta al potere legislativo modificarla. La politica deve prendere atto che i tempi sono ormai maturi.

 

Elezioni europee, a Porto Sant’Elpidio 284 firme per ‘L’Altra Europa con Tsipras’

Di Marco Vesperini

PORTO SANT’ELPIDIO – Le elezioni europee sono alle porte e siamo, di fatto, in piena campagna elettorale. Abbiamo intervistato due dei promotori della lista ‘Europa unita con Tsipras’ per la città di Porto Sant’Elpidio, Mattia Rinaldi di Sel e Roald De Tino di Rifondazione Comunista. Gli stessi presenteranno la lista l’8 maggio alla Croce Verde insieme ai candidati, Roberto Felice Pizzuti, professore di economia della Sapienza di Roma, e Giuseppe Santarelli, sindacalista calzaturiero della Cgil.

Nel fermano sono state raccolte 750 firme, 1/3 delle quali nella sola Porto Sant’Elpidio. Più di 4 mila nella Regione Marche. Mentre a livello nazionale, su un minimo di 150 mila per partecipare alle elezioni, ne sono state raccolte 220 mila. “Siamo sicuri che a livello locale si raggiungerà un buon risultato. Abbiamo registrato un forte interesse tra la cittadinanza, pur avendo a disposizione mezzi inferiori rispetto alle altre liste; questo è indice del fatto che si sente il bisogno negli elettori di avere una lista di sinistra in Europa”.

Perché Alexis Tsipras dovrebbe essere la scelta per la sinistra europea?

È la storia politica di Tsipras che lo pone come proposta per la sinistra europea. Il suo partito, Syriza (ndr partito che riunisce i movimenti di sinistra greci), nel 2008, all’inizio di questa crisi economica, era dato al 4% mentre il Pasok (ndr. partito socialista greco) viaggiava sul 25-26%; arrivando ad oggi quest’ultimo, secondo i sondaggi, è dato intorno al 12% mentre Syriza è al 28 %.

Lo scenario che si sta proponendo in Europa agli elettori vede: da un lato il Partito Popolare Europeo (PPE) che propone di continuare sulla strada delle politiche neoliberiste, di sostegno all’economia capitalista tout court, con una ricetta di detassazione favorendo i grandi poteri finanziari come banche e multinazionali, queste formazioni sociale invece che quelle più colpite dalla crisi, e non mi riferisco soltanto a Spagna, Grecia, Italia ma a tutti i paesi europei; dall’altra c’è il Partito Socialista Europeo (PSE) che candida Schultz, un uomo che in Germania governa insieme ad Angela Merkel in un governo simile a quello che abbiamo attualmente in Italia. E qui è il problema perché questo candidato, che dovrebbe rappresentare un’alternativa alle politiche neoliberiste, in realtà il suo programma si allinea sostanzialmente sulle politiche delle banche similmente a quelli che dovrebbero essere i suoi antagonisti politici.

Serviva un candidato di sinistra quindi…

Tsipras è anche una candidatura simbolo perché viene da un paese, la Grecia, che incarna una via alternativa a quella che è la politica dominante. Laddove noi abbiamo un centrosinistra ed un centrodestra che propongono una strada unica e l’unica percorribile, secondo loro, con tagli alla cultura, alla sanità, alla scuola, al sociale, alle pensioni, solo per continuare a finanziare banche e grandi industrie; mentre dall’altra parte c’è un’alternativa fatta di socialità perché non si esce dalla crisi dando i soldi a chi già li ha ma soprattutto a chi la crisi l’ha creata.

Il programma di Tsipras, in sostanza, propone un nuovo tipo di piano ‘Marshall’. Non pensare all’Europa come una matrigna che imponga a molti, non responsabili di questa crisi, di stringere la cinghia mentre pochi continuano ad accentrare il potere finanziario distruggendo l’economia reale tutto quello che deriva da questo. Non possiamo fidarci di Shultz perché è al governo con Angela Merkel e se in patria sostieni l’austerità non puoi, perché ci sono le elezioni, dire che ne farai di meno. Non sei credibile, Tsipras lo è in questo momento storico.

Come mai in questo momento storico, in Europa, non abbiamo governi o un governo che faccia come la storia e gli economisti insegnano: bolla finanziaria – crisi – austerità – governi che dirigono le risorse finanziarie verso un nuovo sviluppo economico – perché siamo ancora alla quarta fase?

È difficile ipotizzare i vari motivi perché noi possiamo cercare di immaginare il motivo per il quale vengono prese certe strade. Secondo il punto di vista, di sinistra, della Lista Tsipras che riunisce tutti coloro che non condividono a sinistra le scelte europee e nazionali, noi assistiamo ad un attacco ben mirato, ad un certo modo di intendere lo Stato, da parte di un potere economico con una forza che mai si è vista nella storia. Con la globalizzazione, le grandi industrie, gli speculatori finanziari, banche e compagnie assicurative internazionali ecc. con un potere che trova dei limiti nello Stato e, nel nostro esempio, in Europa. La pressione esercitata si sente maggiormente da noi rispetto ad esempio in America, proprio perché in Europa il sistema di welfare (ndr. lo Stato sociale) è molto forte rispetto altri paesi.

Gli stati europei, nel tempo, hanno limitato, ieri più di oggi, la speculazione di tali capitali. Lo vediamo anche nel nostro territorio come i grandi calzaturieri che si possono permettere di spostare le fabbriche in Cina, in India o dove gli conviene, grazie alla globalizzazione, sono gli stessi che poi a livello internazionale, come le banche, possono spostare grandi capitali dove più gli conviene e premono sugli stati per far si che i vincoli imposti dal sistema di walfare europeo venga meno.

L’attacco, secondo noi, avviene tramite la speculazione finanziaria. Per questo, oggi, chi ci governa rincorre questi potentati nella logica che: se noi li favoriamo vengono da noi e creano lavoro; però per favorirle distruggiamo lo stato sociale che abbiamo creato con duri sacrifici in Europa. Una vittoria di Pirro perché abbiamo ottenuto il lavoro ma di che tipo? Una volta c’era il posto fisso, la scala mobile e tutta una serie di garanzie che sono state erose. Questo i greci lo hanno patito in modo maggiore essendo uno Stato piccolo, con meno risorse e meno capacità.

Una volta le grandi crisi mondiali si risolvevano con le guerre, oggi non c’è un tale rischio quando le istituzioni non tengono lo Stato sociale o vi è una differenza?

Le guerre ci sono ma non si combattono più sul suolo europeo e il progresso tecnologico, essendo aumentato, non porta ancora a una fame da far sfociare in una crisi di tale portata che fù cavalcata da fascismi vari in Europa. Per quanto vediamo l’avanzare di partiti come Alba Dorata, Le Pen in Francia, quindi anche adesso l’uscita dalla crisi con slogan facili mantiene un forte appeal.

In Italia abbiamo il Movimento 5 Stelle come nuova proposta che, per quanto non può essere classificato come un fascismo, ha degli slogan facili. Il problema di Grillo è che fa tante proposte condivisibili ma dopo si inseriscono in un programma non completo che non considera tutti gli aspetti della società europea, fatta su slogan generici assumendo due misure su due piedi. Quello che ci differenzia da Grillo è che per uscire da una crisi simile bisogna immaginare un nuovo modello di società, con istituzioni, democraticamente elette, che riacquistino il ruolo centrale per guidare i cittadini oltre questo momento storico.