Cos’è la “durata di vita utile del giacimento”? – Un approfondimento sul referendum del 17 Aprile

Di Redazione POST IT PSE – Slides Gian Vittorio Battilà

PORTO SANT’ELPIDIO – Per quelli che non hanno potuto partecipare alla serata informativa della settimana scorsa sul referendum del 17 Aprile, riproponiamo qui sul nostro Blog alcuni dei passaggi più interessanti della conferenza, direttamente dalle parole di uno dei due relatori della serata.

“Andiamo a votare per decidere il destino di impianti già esistenti entro le 12 miglia, i nuovi sarebbero vietati in ogni caso”, esordisce così l’ingegner Gian Vittorio Battilà, che ripercorre la strada delle attuali leggi vigenti e delle prospettive che potrebbero avere origine dall’esito delle votazioni.

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Nella consultazione del 17 Aprile si chiederà agli italiani se vogliono abrogare la parte della “legge di stabilità” che permette a chi ha ottenuto concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia, di rinnovare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.

Allo stato attuale, il comma 17 del decreto legislativo 152 stabilisce che sono vietate le «attività di ricerca, di prospezione, nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi» entro le 12 miglia marine dalle coste italiane. Mentre gli impianti già esistenti entro questa fascia, possono continuare la loro attività fino alla data di scadenza della concessione, che su richiesta può essere prorogata fino all’esaurimento del giacimento.

Si tratta quindi di permettere o meno, la prosecuzione delle estrazioni in acque territoriali dagli impianti già esistenti.

Una vittoria del “Sì” obbligherebbe a cessare l’attività di estrazione secondo la scadenza fissata al momento del rilascio delle concessioni, al di là delle condizioni del giacimento. Lo stop quindi non sarebbe immediato, ma arriverebbe nel momento della naturale scadenza dei contratti già stipulati.

Se vince il “No” o non si raggiunge il quorum , le attività di ricerca potrebbero proseguire fino all’esaurimento dei giacimenti.

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A oggi nei mari italiani, entro le 12 miglia, sono presenti 35 concessioni di coltivazione di idrocarburi, di cui tre inattive, una è in sospeso fino alla fine del 2016 (al largo delle coste abruzzesi), 5 non produttive dal 2015. Le restanti 26 concessioni, per un totale di 79 piattaforme e 463 pozzi, sono distribuite tra mar Adriatico, mar Ionio e canale di Sicilia. Di queste, 9 concessioni (per 38 piattaforme) sono scadute o in scadenza ma con proroga già richiesta; le altre 17 concessioni (per 41 piattaforme) scadranno tra il 2017 e il 2027 e in caso di vittoria del Sì arriveranno comunque a naturale scadenza.

“Il referendum avrebbe conseguenze già entro il 2018 per 21 concessioni in totale sulle 31 attive: 7 sono in Sicilia, 5 in Calabria, 3 in Puglia, 2 in Basilicata e in Emilia-Romagna, una in Veneto e nelle Marche. Il quesito referendario riguarda anche 9 permessi di ricerca, quattro nell’alto Adriatico, 2 nell’Adriatico centrale davanti alle coste abruzzesi, uno nel mare di Sicilia, tra Pachino e Pozzallo, uno al largo di Pantelleria”.

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Le ventisei concessioni entro le 12 miglia producono il 27% del totale del gas e il 9% del greggio estratti in Italia (il petrolio viene estratto nell’ambito di 4 concessioni dislocate tra Adriatico centrale – di fronte a Marche e Abruzzo – e nel Canale di Sicilia).

La produzione nel 2015 di 542.881 tonnellate di petrolio e 1,84 miliardi di Smc si va a scontrare con  i consumi di petrolio in Italia nel 2014 che sono stati di circa 57,3 milioni di tonnellate. Quindi l’incidenza della produzione delle piattaforme a mare entro le 12 miglia è stata di meno dell’1% rispetto al fabbisogno nazionale (0,95%).

Per il gas, i consumi nel 2014 sono stati di 50,7 milioni di tep corrispondenti a 62 miliardi di Smc; l’incidenza della produzione di gas dalle piattaforme entro le 12 miglia è stata del 3% del fabbisogno nazionale.

“Non si può sempre tirar fuori questa storia del dover comprare petrolio all’estero, dato che l’1% è davvero una miseria – aggiunge Battilà -, la minaccia non tiene. Allo stesso modo, non è vero che passeranno più petroliere, dato che dalla Basilicata sta per arrivare altro petrolio anche da Tempa Rossa.”

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Nel testo si parla di “vita utile del giacimento”, ma cosa vuol dire?   “È una definizione approssimativa – conclude Battilà – soprattutto se l’Ente di controllo non definisce i parametri. Sarebbe stato positivo se qualcuno avesse definito tali parametri in maniera esplicita ed oggettiva; le multinazionali ragionano molto sui numeri e consegnano i resoconti all’Ente di controllo strettamente su quanto richiesto. Non c’è etica definita sul tema, a parte la questione del rispetto delle norme ambientali. Dunque, si lascia nelle mani delle stesse compagnie concessionarie la definizione di fine giacimento.”

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In questa maniera possono continuare ad estrarre con più calma dilazionando lo sfruttamento dei giacimenti, allontanando così i relativi costi di dismissione delle piattaforme. Lo Stato invece, perde il controllo sui termini e sulla certezza della dismissione.

Inoltre, le Royalties basate sulle quantità estratte permettono alle Compagnie di estrarre poco alla volta azzerando le spese di mantenimento(e non facendo incassare nulla all’erario), ma facendo rischiare a noi di non vedere mai la dismissione e la bonifica delle strutture usate per l’estrazione e il trasporto. Ovviamente si va incontro al rischio che queste possano restare a carico dello Stato.

“Questa situazione non creerebbe ne’ garantirebbe gli attuali posti di lavoro, in quanto basta un operatore che osservi l’andamento della produzione minima da remoto. Infine,  chi dice che nell’arco di altri 10 o 20 anni non si acquisiscano tecnologie tali da permettere di andare più in profondità per cercare altro materiale?”.

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Tutta la questione si snoda intorno alle scelte strategiche nel campo delle politiche energetiche. Se parliamo di cifre irrisorie, perché non cominciare proprio da qui, dalle acque territoriali, una campagna di cambiamento del nostro approvvigionamento energetico? Se la fase di transizione sarà lenta, perché non iniziare da subito e in un contesto così favorevole?

Da quello che è emerso negli ultimi giorni riguardo ai rapporti tra il Ministero dello sviluppo economico e le società che girano intorno agli affari petroliferi, abbiamo molto probabilmente la risposta alle nostre domande: il governo è fortemente condizionato dalle richieste delle grandi società, in questo caso dell’energia.

C’è inoltre il problema ambientale che rimane latente. Nelle zone circostanti alle piattaforme estrattive si rileva un inquinamento non indifferente. Per di più, un recente studio finanziato dall’Unione Europea evidenzia che un incidente petrolifero nell’Adriatico avrebbe conseguenze “incalcolabili” per tutto il Mediterraneo.

Durante la serata è stato proiettato un video emblematico riguardo a ciò che può significare un incidente petrolifero. Si tratta dell’incidente verificatosi nel comune di Trecate, in provincia di Novara, nel 1994. Ve lo riproponiamo.

 

 

Puoi scaricare dal link sottostante l’intera presentazione dell’ingegner Battilà.

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Sicurezza e prostituzione, il piano dei 5 Stelle

“La problematica della prostituzione non può essere risolta senza una seria legge nazionale. Senza fare retorica, crediamo di poter gestire meglio il problema”.

Il Movimento 5 Stelle, giovedì 9 alla Casa del volontariato, ha acceso una luce su uno dei temi più discussi a Porto Sant’Elpidio. Protagonisti della serata Roberto Cerquozzi e il candidato consigliere Massimo Spina, tra il presenti anche il candidato sindaco Sergio Belletti.

“Siamo in presenza di un fenomeno che esiste da sempre e di un vuoto normativo che, nei fatti, non ne consente la regolamentazione. In aggiunta, dal 2007, è aumentato in maniera esponenziale, soprattutto  dopo l’entrata della Romania nell’Unione europea”. Afferma Spina, citando anche il decreto legislativo n°159 del 2011. “ Che non ha cambiato la situazione perché l’emanazione del foglio di via (n.d.r. azione amministrativa) a persone sgradite riguarda reati perseguibili penalmente”. Mentre in Italia la prostituzione non è un reato perseguibile penalmente, come invece lo sono lo sfruttamento e il favoreggiamento alla prostituzione.

“Premettendo che il tecnicismo legislativo non preclude un problema morale che riguarda in che direzione vogliamo regolamentare una possibile normativa legislativa (n.d.r. renderne legale l’esercizio come in Germania o illegale come in Inghilterra), l’amministrazione può effettuare soltanto un’azione complementare a quella delle forze dell’ordine”. Afferma il candidato sindaco a 5 Stelle, che ci tiene a sottolineare anche gli sforzi passati. “L’amministrazione precedente ha fatto quello che poteva, si pensi alle ordinanze degli ultimi anni con multe da 500 euro e le passeggiate dei volontari per sensibilizzare la cittadinanza. Ma non è bastato ad arginare il problema”.

Secondo i 5 Stelle, come anche affermato delle altre forze politiche, è fondamentale:  una presenza anche notturna della polizia municipale, il coinvolgimento delle associazioni di volontariato, una coordinazione con i vigili appartenenti al comune di Sant’Elpidio a Mare, insieme a tutte le forze dell’ordine, sollecitando anche la prefettura riguardo la criticità della situazione. Ma non solo. “Il nodo della questione riguarda le moltissime case affittate alle prostitute – afferma Cerquozzi – e qui entra in gioco uno dei nostri punti cardine del programma: l’albergo diffuso; che incentiverebbe la riqualificazione degli immobili sfitti. Più un territorio è vivo e movimentato, meno la prostituzione riesce ad attecchire”.

Un’altra azione complementare potrebbe essere una maggiore sensibilizzazione sui rischi di alimentare il malaffare da parte dei proprietari degli immobili. “È bene per loro sapere che se si scopre che il prezzo richiesto non è congruo con quello di mercato (n.d.r. se ad esempio di chiedono 1000 euro per un appartamento che ne vale 500), possono incorrere nell’accusa di favoreggiamento della prostituzione, perché evidentemente si conosce il tipo di attività che viene praticata”. Afferma Spina, citando un caso a Macerata, dove dopo una serie di intercettazioni, sono stati inquisiti alcuni proprietari.

Per ultima, ma non per questo meno interessante, la proposta di usare web camere del costo di duecento euro, in posizioni strategiche. “Le telecamere sono state usate dalla precedente amministrazione nella zona nord, senza però grandi risultati”. Infatti in Italia ci sono problematiche di compatibilità con l’attuale legge sulla privacy, che rendono poco efficace una risoluzione di questo tipo. Ma l’idea dei 5 Stelle cerca di aggirare la problematica. In che modo? Attraverso una diretta live continua senza registrazioni. Un deterrente psicologico che dice: attenzione, ti stiamo osservando.

                                                                                                                        Marco Vesperini