Archeologia: il banchiere romano che rivaluta Pse. Sabato alle 17:00 il convegno dei coniugi Tombolini

 

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Di Riccardo Marchionni

PORTO SANT’ELPIDIO – Sono entusiasti come degli adolescenti, ma mantengono l’aplomb degli adulti: i coniugi Tombolini sono pronti a svelare al mondo l’entità delle loro scoperte, che potrebbero rivoluzionare la storia del territorio marchigiano.

Giovanni Tombolini e Anna Rita Traini, una vita dedicata alla passione per il territorio, studiato dal punto di vista storico, archeologico, botanico, orografico. Questa passione e la dedizione nel lavoro di ricerca hanno pagato i coniugi che si sono resi protagonisti della scoperta di una lapide di marmo poi attribuita a Publio Oppio Liberto di Caio, un banchiere di epoca romana, appunto Arcentarium. Questa lapide, rinvenuta per caso all’interno del giardino di villa Murri durante i lavori di restauro della stessa nel marzo del 1994, è stata decifrata con l’aiuto del professore Gianfranco Paci dell’Università di Macerata, che ha confermato le ipotesi dei Tombolini e ha sbloccato la completa lettura della lapide andando a spiegare che Arcentarium sta per banchiere, ed è scritto in maniera arcaica. Ciò fa datare la lapide intorno al II secolo a.C., e questo la renderebbe la più antica testimonianza al mondo di un banchiere romano.

Di questo e di altro si parlerà sabato 20 gennaio alle ore 17:00 presso la sala conferenze di villa Baruchello.

La conferenza tratterà appunto della lapide e delle implicazioni che derivano da questa scoperta. La presenza di un banchiere romano in quegli anni porta inevitabilmente a dover rivedere la storia del territorio marchigiano. Fin ora si è pensato che in quel periodo vigesse ancora il baratto, e che il nostro territorio fosse abitato da pochissime persone. La lapide di Publio Oppio stravolge questa lettura e fa capire che in realtà c’era un grandissimo insediamento umano, già ipotizzabile dalla massiccia presenza di necropoli villanoviane e picene nella prima fascia collinare(corva, pescolla, cretarola, pian di torre, ecc).

L’assessore alla cultura Monica Leoni in conferenza stampa ha anticipato che i coniugi saranno insigniti della carica di “ambasciatori della città” dal punto di vista storico e diventeranno curatori dell’aula della memoria, ubicata al piano terra della torre dell’orologio.

Ci saranno altre importanti sorprese durante il convegno, concludono in coro i coniugi Tombolini. Noi della redazione di Post It Pse non possiamo far altro che ringraziare Giovanni Tombolini e Anna Rita Traini per il loro pluridecennale lavoro di inestimabile valore, e invitiamo tutti a partecipare al convegno di sabato 20 gennaio alle ore 17:00 presso la sala conferenze di villa Baruchello.

Il convegno è patrocinato dalla Regione Marche oltre che dall’Assessorato alla Cultura di Porto Sant’Elpidio, fa parte del ciclo di incontri “Le Marche fuori dal comune”, ed è intitolato “PVBLIO OPPIO: il più antico banchiere”. È un’occasione unica, non mancate!

Cos’è la “durata di vita utile del giacimento”? – Un approfondimento sul referendum del 17 Aprile

Di Redazione POST IT PSE – Slides Gian Vittorio Battilà

PORTO SANT’ELPIDIO – Per quelli che non hanno potuto partecipare alla serata informativa della settimana scorsa sul referendum del 17 Aprile, riproponiamo qui sul nostro Blog alcuni dei passaggi più interessanti della conferenza, direttamente dalle parole di uno dei due relatori della serata.

“Andiamo a votare per decidere il destino di impianti già esistenti entro le 12 miglia, i nuovi sarebbero vietati in ogni caso”, esordisce così l’ingegner Gian Vittorio Battilà, che ripercorre la strada delle attuali leggi vigenti e delle prospettive che potrebbero avere origine dall’esito delle votazioni.

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Nella consultazione del 17 Aprile si chiederà agli italiani se vogliono abrogare la parte della “legge di stabilità” che permette a chi ha ottenuto concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia, di rinnovare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.

Allo stato attuale, il comma 17 del decreto legislativo 152 stabilisce che sono vietate le «attività di ricerca, di prospezione, nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi» entro le 12 miglia marine dalle coste italiane. Mentre gli impianti già esistenti entro questa fascia, possono continuare la loro attività fino alla data di scadenza della concessione, che su richiesta può essere prorogata fino all’esaurimento del giacimento.

Si tratta quindi di permettere o meno, la prosecuzione delle estrazioni in acque territoriali dagli impianti già esistenti.

Una vittoria del “Sì” obbligherebbe a cessare l’attività di estrazione secondo la scadenza fissata al momento del rilascio delle concessioni, al di là delle condizioni del giacimento. Lo stop quindi non sarebbe immediato, ma arriverebbe nel momento della naturale scadenza dei contratti già stipulati.

Se vince il “No” o non si raggiunge il quorum , le attività di ricerca potrebbero proseguire fino all’esaurimento dei giacimenti.

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A oggi nei mari italiani, entro le 12 miglia, sono presenti 35 concessioni di coltivazione di idrocarburi, di cui tre inattive, una è in sospeso fino alla fine del 2016 (al largo delle coste abruzzesi), 5 non produttive dal 2015. Le restanti 26 concessioni, per un totale di 79 piattaforme e 463 pozzi, sono distribuite tra mar Adriatico, mar Ionio e canale di Sicilia. Di queste, 9 concessioni (per 38 piattaforme) sono scadute o in scadenza ma con proroga già richiesta; le altre 17 concessioni (per 41 piattaforme) scadranno tra il 2017 e il 2027 e in caso di vittoria del Sì arriveranno comunque a naturale scadenza.

“Il referendum avrebbe conseguenze già entro il 2018 per 21 concessioni in totale sulle 31 attive: 7 sono in Sicilia, 5 in Calabria, 3 in Puglia, 2 in Basilicata e in Emilia-Romagna, una in Veneto e nelle Marche. Il quesito referendario riguarda anche 9 permessi di ricerca, quattro nell’alto Adriatico, 2 nell’Adriatico centrale davanti alle coste abruzzesi, uno nel mare di Sicilia, tra Pachino e Pozzallo, uno al largo di Pantelleria”.

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Le ventisei concessioni entro le 12 miglia producono il 27% del totale del gas e il 9% del greggio estratti in Italia (il petrolio viene estratto nell’ambito di 4 concessioni dislocate tra Adriatico centrale – di fronte a Marche e Abruzzo – e nel Canale di Sicilia).

La produzione nel 2015 di 542.881 tonnellate di petrolio e 1,84 miliardi di Smc si va a scontrare con  i consumi di petrolio in Italia nel 2014 che sono stati di circa 57,3 milioni di tonnellate. Quindi l’incidenza della produzione delle piattaforme a mare entro le 12 miglia è stata di meno dell’1% rispetto al fabbisogno nazionale (0,95%).

Per il gas, i consumi nel 2014 sono stati di 50,7 milioni di tep corrispondenti a 62 miliardi di Smc; l’incidenza della produzione di gas dalle piattaforme entro le 12 miglia è stata del 3% del fabbisogno nazionale.

“Non si può sempre tirar fuori questa storia del dover comprare petrolio all’estero, dato che l’1% è davvero una miseria – aggiunge Battilà -, la minaccia non tiene. Allo stesso modo, non è vero che passeranno più petroliere, dato che dalla Basilicata sta per arrivare altro petrolio anche da Tempa Rossa.”

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Nel testo si parla di “vita utile del giacimento”, ma cosa vuol dire?   “È una definizione approssimativa – conclude Battilà – soprattutto se l’Ente di controllo non definisce i parametri. Sarebbe stato positivo se qualcuno avesse definito tali parametri in maniera esplicita ed oggettiva; le multinazionali ragionano molto sui numeri e consegnano i resoconti all’Ente di controllo strettamente su quanto richiesto. Non c’è etica definita sul tema, a parte la questione del rispetto delle norme ambientali. Dunque, si lascia nelle mani delle stesse compagnie concessionarie la definizione di fine giacimento.”

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In questa maniera possono continuare ad estrarre con più calma dilazionando lo sfruttamento dei giacimenti, allontanando così i relativi costi di dismissione delle piattaforme. Lo Stato invece, perde il controllo sui termini e sulla certezza della dismissione.

Inoltre, le Royalties basate sulle quantità estratte permettono alle Compagnie di estrarre poco alla volta azzerando le spese di mantenimento(e non facendo incassare nulla all’erario), ma facendo rischiare a noi di non vedere mai la dismissione e la bonifica delle strutture usate per l’estrazione e il trasporto. Ovviamente si va incontro al rischio che queste possano restare a carico dello Stato.

“Questa situazione non creerebbe ne’ garantirebbe gli attuali posti di lavoro, in quanto basta un operatore che osservi l’andamento della produzione minima da remoto. Infine,  chi dice che nell’arco di altri 10 o 20 anni non si acquisiscano tecnologie tali da permettere di andare più in profondità per cercare altro materiale?”.

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Tutta la questione si snoda intorno alle scelte strategiche nel campo delle politiche energetiche. Se parliamo di cifre irrisorie, perché non cominciare proprio da qui, dalle acque territoriali, una campagna di cambiamento del nostro approvvigionamento energetico? Se la fase di transizione sarà lenta, perché non iniziare da subito e in un contesto così favorevole?

Da quello che è emerso negli ultimi giorni riguardo ai rapporti tra il Ministero dello sviluppo economico e le società che girano intorno agli affari petroliferi, abbiamo molto probabilmente la risposta alle nostre domande: il governo è fortemente condizionato dalle richieste delle grandi società, in questo caso dell’energia.

C’è inoltre il problema ambientale che rimane latente. Nelle zone circostanti alle piattaforme estrattive si rileva un inquinamento non indifferente. Per di più, un recente studio finanziato dall’Unione Europea evidenzia che un incidente petrolifero nell’Adriatico avrebbe conseguenze “incalcolabili” per tutto il Mediterraneo.

Durante la serata è stato proiettato un video emblematico riguardo a ciò che può significare un incidente petrolifero. Si tratta dell’incidente verificatosi nel comune di Trecate, in provincia di Novara, nel 1994. Ve lo riproponiamo.

 

 

Puoi scaricare dal link sottostante l’intera presentazione dell’ingegner Battilà.

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Giochi senza scogliere

La Regione Marche ci odia, è palese.

Certo alle orecchie di Spacca&co. la richiesta di 18 milioni di euro per salvare Porto Sant’Elpidio deve aver suonato come la richiesta di un kamikaze di essere messo in cima alla lista per il trapianto, ma ciò non giustifica le menzogne perpetrate a noi elpidiensi.

E non solo. Ribadisce l’astio verso la nostra città scartandoci chirurgicamente da ogni intervento, rispondendo in sostanza che i tratti di spiaggia maggiormente colpiti dalla furia delle mareggiate interessano solo spiaggia libera e concessioni a privati, e quindi non prioritario dal punto di vista degli interventi, a differenza invece dei tratti di spiaggia dell’anconetano ad esempio dove il mare sta mettendo in serio pericolo il traffico ferroviaro.

In parole povere, per la Regione, P.S.Elpidio non avrebbe passaggi ferroviari minacciati dall’acqua e quindi può aspettare. Si sbagliano!

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Fonte foto: Corriere Adriatico (Capito informazione.tv?)

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Fonte foto: Resto del Carlino (Capito informazione.tv?)

Riconfermato l'appalto per la gestione della piscina comunale

Ora speriamo che queste foto vengano allegate al dossier.

Intanto Franchellucci e la Pasquali non stanno a guardare, hanno fatto rinforzare i punti critici della costa disponendo specifici cubi di cemento per alimenti.

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E continuano a lanciare messaggi indirizzati alla regione sulle maggiori testate locali.

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Anche se quest’ultimo è un bluff. Come facciamo a sapere che è così?

Ma perché, pensate davvero che se a concedere i fondi della Regione spettasse al Sindaco di P.S.Elpidio li avrebbe affidati all’amministrazione di P.S.Elpidio?

Ecco una proiezione di come potrebbe apparire il nostro litorale ad agosto 2016 se la Regione Marche continuasse ad ignorare la situazione lasciandoci in balia dell’amministrazione.10685527_10205400127952545_1830327868721393290_n

 

Ovviamente, la speranza condivisa all’unanimità dalla popolazione, forse anche la più logica, è che il nostro Paolo Petrini possa vincere in regione per poi convogliare tutti i soldi nel nostro comune trasformandoci in una nuova Acapulco e che tutti gli altri comuni, democraticamente, selapijessedanterculo.

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Ma se ciò non dovesse accadere? se questa propaganda politica inversa dovesse fallire?

Post-X, da sempre al fianco dei cittadini elpidiensi, si è spinta oltre i confini delle rotonde, non si ferma ad osservare e raccontare ma propone sempre soluzioni alternative e a costo zero che speriamo vengano accolte.

Ecco come possiamo risolvere il problema delle scogliere: facciamole sponsorizzare ai privati.10914739_10205226244908174_5884872345316665014_o

Vendiamo uno spazio pubblicitario ad esempio a 3000 euro al metro di scogliera alle aziende a cui verranno aggiunti i costi di verniciatura del logo sullo scoglio, per 7 kilometri di scogliera otterremmo 21 milioni di euro. Le grandi aziende non potrebbero resistere ad una proposta simile, il monte Rushmore delle sponsorizzazioni, un ritorno di immagine mai visto prima e ad un costo bassissimo! Per non parlare del rilancio turistico al nostro paese grazie ad una scogliera originale e coloratissima. Cosa stiamo aspettando?

 

 

Vittorio L.

Foto: Alessio C. e Marco B.

Sudomagodo se ne va. Chi sarà il prossimo?

Di Riccardo Marchionni

PORTO SANT’ELPIDIO – Sconforto e delusione sono i due sentimenti che si provano a vedere il triste spettacolo dello chalet Sudomagodo che rischia di franare in mare. Sentimenti che si provano pensando a quanto lavoro e quanti soldi sono stati investiti in una struttura turistica che per colpa di scelte clamorosamente sbagliate da parte dell’amministrazione rischia di venire distrutta dalla forza del mare. E non sarà neanche l’unico a subire le conseguenze peggiori di tali scellerate scelte. Infatti nella tarda mattinata anche alcuni cubi di cemento che sostengono la pavimentazione di Saxa Beach sono franati in mare lasciando la struttura in balia delle onde.

In mattinata c’è stata una riunione proprio allo chalet Sudomagodo con l’amministrazione e la Capitaneria di Porto e si è arrivati alla conclusione che nell’immediato(domani) ci sarà una delibera ad hoc per permettere il posizionamento di blocchi di cemento a difesa delle strutture nell’area che va dai casotti dei pescatori fino a Saxa Beach. Lascia tutti ammutoliti Cristiano Recanati(proprietario di Saxa Beach) quando arriva sul posto, commentando con un rassegnato “e adesso che ci inventiamo?”.

Franchellucci, proprio perché ha deciso di improntare la sua amministrazione in continuità con quelle passate ora ne paga il prezzo. Paga lo scotto del non poter dire chiaramente ed apertamente che il progetto di salvaguardia della costa portato avanti dai suoi predecessori non solo non è stato efficace ma è stato dannoso. Ed il non ammettere questa ovvietà, unito al rattoppare malamente le pecche passate lo rende un Sindaco dimezzato. Non può essere sincero con i cittadini ed ha le mani legate per colpa delle precedenti amministrazioni. Ora infatti, scaricare la colpa sulla Regione che non ha incluso la nostra città nel piano regionale di difesa costiera, equivale a buttare fumo negli occhi. I soldi la Regione ce li ha già dati pochi anni fa, e la nostra amministrazione li ha usati malissimo, inoltre a livello regionale si preferisce intervenire dove ci sono pericoli per le infrastrutture pubbliche, e non è il caso nostro.

C’è anche il consigliere Enzo Farina a guardare la scena, “hanno fatto il lungomare sud per poter mettere la bandierina, ma il problema parte proprio da lì. Il problema riguarda il progetto del lungomare sud, del marciapiede, dei pali posti al contrario e in tale quantità che guardando in lontananza coprono la vista della spiaggia, e degli chalet costruiti troppo a ridosso del mare. Mi ricordo quand’ero più giovane il mare arrivava fino a lambire la ferrovia quando c’erano le mareggiate”, commenta laconico Farina. E dà anche una visione d’insieme dei problemi della nostra città, “è ora di dire basta, non se ne può più, la nostra città è impantanata in quattro/cinque situazioni private che bloccano lo sviluppo a discapito di tutti. Questo è un modo di fare che non va più bene, bisogna dirlo”.

Su questo fronte il Sindaco rischia grosso. Rischia di pagare il conto aperto dai suoi predecessori. Se i balneari intentano una causa collettiva contro il comune, come la mettiamo? Chi pagherà? Toccherà fare un pellegrinaggio fino al quartiere San Filippo e al quartiere Cretarola per suonare il campanello dei due ex sindaci e anche(forse soprattutto) a casa del quasi ex capo dell’ufficio tecnico.

Il piano di difesa costiera è stato un bluff per mascherare la costruzione della darsena, le barriere soffolte sono state fatte buttando la terra in mare al posto delle pietre, e i danni provocati dai pennelli ora ce li chiedono indietro i balneari con le cause in tribunale; il “lungomare sud” è costato tantissimo, è stato realizzato male e troppo vicino al mare(perché non era stata risolta la questione Fim, altra ferita aperta), e i cittadini che ci camminano sopra e cadono chiedono giustamente i danni al comune. Ma che modo di amministrare è questo? E che Sindaco è quello che è fiero di amministrare in continuità con chi ha commesso questi gravi errori?

La scomparsa degli chalet non sarà una cosa facile da far scordare alla cittadinanza. Nazareno Franchellucci è ad un bivio, o prende le distanze e ammette il fallimento delle strategie fin ora adottate e va a chiamare chi ha sbagliato per chiedergli conto di ciò che ha fatto, oppure, se non ha il coraggio di fare questo, è meglio che se ne torni a casa, perché la città non può restare un minuto in più sotto al giogo dei rapporti di potere che hanno segnato fino ad ora la nostra vita amministrativa.

Primo raduno regionale dei bersaglieri

La manifestazione si terrà il 4-5 novembre, previsti circa 1600 bersaglieri marchigiani e altre delegazioni dalle regioni limitrofe. Tra le fanfare partecipanti quella di Jesi-Ostra. “Un momento di riflessione culturale e storica per la nostra città – sottolinea l’ass. Leoni – importante sensibilizzare tutti gli ex-bersaglieri che volessero collaborare o sponsorizzare l’evento”.

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Di Marco Vesperini

PORTO SANT’ELPIDIO – Spesso la prima immagine che si associa ai bersaglieri è la ‘Presa di Porta Pia’; il Corpo, costituito da Alessandro La Marmora sotto Carlo Alberto di Savoia il 18 giugno del 1836, si è distinto per le sue peculiarità di fanteria leggera e velocità d’azione. “La leggenda vuole che la prima volta che furono passati in rassegna dal Re, percorsero di corsa il tragitto che li separava dalla città successiva, anticipando il sovrano che se ne stupì”. Racconta il colonnello Nicola Ciccarelli, consigliere dell’associazione nazionale. Mentre in pochi sanno che fu l’unico corpo militare che diede impeto al ‘biennio rosso’ insieme alle classi operaie, con la rivolta della caserma Villarey di Acona.

“Abbiamo voluto focalizzare il primo raduno della Regione Marche nelle giornate del 4-5 novembre – afferma l’ass. alla Cultura Monica Leoni – e vorremmo sensibilizzare i bersaglieri della regione per collaborazioni e sponsorizzazioni per l’evento”. Le risorse devolute serviranno per acquistare bandiere, service e materiali e “saranno introitati dal Comune che effettuerà apposite fatture”. Il programma per la prima giornata prevede la cerimonia dell’alzabandiera, la consegna al sindaco di un medagliere con 11 medaglie d’oro, 156 d’argento, 175 di bronzo e 52 croci al valor militare: in serata si esibirà la fanfara di Jesi-Ostra; il giorno successivo invece è previsto l’ammassamento di truppe, interventi delle autorità e una sfilata tra le vie della città. “Invitiamo tutti i bersaglieri a mettersi in contatto con la sezione di Porto Sant’Elpidio – esorta il presidente di sezione Pierluigi Alessandrini – siamo aperti il venerdì dalle 20.30 alle 23”.

Caro sindaco, l’aria è cambiata

Di Riccardo Marchionni

Sono ormai alcuni giorni che sta salendo la tensione e l’attenzione sull’operato dell’amministrazione comunale.

Sull’erosione costiera non si è capito cosa abbia intenzione di fare, almeno per arginare i danni che porteranno le mareggiate di quest’inverno. Sappiamo solo che il sindaco ha chiesto maggiori risorse dal bilancio regionale per “continuare a lavorare nella direzione indicata dalla Regione Marche”. La richiesta di denaro è fondamentale, ma in pratica cosa ci facciamo? Ci vuole spiegare cosa ha intenzione di fare il sindaco con i soldi chiesti alla regione? Riuscirà poi ad ammettere il fallimento del piano di salvaguardia della costa realizzato fin’ora, e quindi ad intraprendere veramente la direzione indicata dalla regione?

Un’altro fronte aperto è quello all’interno della giunta, dove c’è un assessore inarrestabile che straborda di energia organizzativa, tanto da uscire fuori dal seminato dell’esecutivo ed organizzare all’insaputa di tutti un evento a tre giorni dalla fine dell’anno con due comici di destra con cachet da band di cinque elementi. Il sindaco era al corrente dell’accordo con Martufello? Se no, non sarebbe come se fosse “venuto a mancare il necessario rapporto di fiducia e di leale collaborazione tra lo stesso e il sottoscritto”, come è successo con Scotucci? Perché la serata è stata poi annullata, forse per il tempestivo intervento di Mauro Tosoni che ha portato alle cronache questa scelta improvvida?

Nel programma di coalizione del candidato Franchellucci c’erano delle prescrizioni interessanti per quanto riguarda il turismo, tipo: “potenziare le risorse umane a disposizione dell’ufficio turismo, pianificando attività e programmazioni che coprano l’intero arco temporale dell’anno”. A che punto siamo con la realizzazione di questo punto strategico del programma? C’è almeno l’intenzione di aumentare il personale a disposizione dell’ufficio turismo?

Sempre Mauro Tosoni solleva un altro problema. Alcuni mezzi del comune non sono utilizzati perché necessitano di manutenzione, quindi per muovere le casette di legno per i mercatini si usa una ruspa anziché il camion con il braccio mobile. Dice Tosoni “possibile che si trovino soldi per manifestazioni di ogni genere, e non si trovi un migliaio di euro per sistemare una gru?”.

Un’altra questione riguarda invece il montaggio della pista per il pattinaggio sul ghiaccio, che sarebbe stato realizzato senza la necessaria delibera di giunta. Se questo è l’esempio che l’amministrazione da, come si dovrebbero comportare i cittadini? Uno si può sentire autorizzato ad effettuare dei lavori in casa senza comunicare niente al comune, perché tanto così fa anche l’amministrazione. La legalità era un tema molto caro alle amministrazioni che si sono succedute in questi anni a Pse, o almeno così ci hanno fatto credere.

Il nostro sindaco ha accumulato tantissime deleghe e quindi grandissime responsabilità. A questo punto della situazione non può esimersi dal rispondere e dal fare chiarezza riguardo le questioni sollevate in questi giorni. L’opinione pubblica, per quel poco che può, si è fatta sentire in maniera molto chiara, il sindaco d’ora in poi non potrà più pensare di amministrare senza rendere conto a nessuno come hanno fatto Petrini ed Andrenacci. Perché se lui manca una settimana e arriva una mareggiata, l’assessore deputato alla protezione civile è Carlo Vallesi, che per usare un termine meteorologico in questa situazione si classifica “non pervenuto”. Quindi o sceglie degli assessori all’altezza del ruolo che ricoprono, oppure se intende fare tutto lui in prima persona non può permettersi di lasciare la città nemmeno un giorno.

E per quanto riguarda la partecipazione, come mai non è ancora partito il secondo giro di incontri nei quartieri che il sindaco avrebbe dovuto tenere insieme all’assessore Leoni ciclicamente una volta ogni due settimane?

La promessa da lei fatta di colmare il gap tra l’amministrazione e i cittadini sembra che non venga rispettata. Almeno risponda su Martufello, sulla pista di pattinaggio e sulla difesa degli stabilimenti balneari. Faccia un comunicato stampa, una telefonata, un messaggino. Andrebbe bene qualsiasi cosa, anche un pizzino.

Quanto ci costa salvare la costa?

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Di Riccardo Marchionni

Venerdì 15 novembre si è tenuta una riunione tra proprietari e gestori degli stabilimenti balneari e l’amministrazione comunale, in seguito alla mareggiata di pochi giorni prima che ha inflitto danni ingenti a molti chalet, soprattutto del lungomare sud. Erano presenti una ventina tra proprietari e gestori. Per l’amministrazione erano presenti invece il vicesindaco Pasquali, l’assessore alla protezione civile Vallesi, l’assessore al turismo Sebastiani, il dirigente dell’ufficio tecnico Stefoni, ed il capitano della polizia locale Gattafoni. Tra la platea, in mezzo ai balneari erano inoltre presenti i due consiglieri del M5S Cerquozzi e Spina, ed altri attivisti del movimento.

L’intento della riunione era di creare un piano d’emergenza per far fronte alle mareggiate. Già a settembre c’era stato un’altro incontro tra i balneari e l’allora assessore Scotucci che si era preso l’impegno di creare un tavolo per risolvere questa problematica. Poi Scotucci è stato cacciato e non s’è fatto più nulla. Ma l’ex vicesindaco non è stato il solo a voler affrontare questo problema, infatti sempre a settembre Roberto Cerquozzi, capogruppo del M5S, aveva protocollato la richiesta di poter parlare in commissione III della darsena e dell’erosione costiera. Esito della sua richiesta, negativo. Per prassi le commissioni si riuniscono una volta al mese e sempre per prassi si parla di un solo argomento per volta. Sarebbe il caso forse di cambiare la prassi e di fare un vero e proprio regolamento delle commissioni per renderle un efficace strumento operativo del consiglio comunale, o vogliamo lasciarle l’inutile appendice del consiglio come sono ora? Non si sa. Di certo si sa che l’amministrazione non vuole affrontare questa problematica, tanto che i balneari hanno paura che la prossima riunione si terrà solo dopo la prossima mareggiata e che finirà in nulla di fatto. Il vicesindaco Pasquali rassicura tutti escludendo fermamente questa possibilità. Staremo a vedere.

L’erosione continua

Pennelli, scogli, barriere soffolte, non si sa a chi dare la colpa della continua erosione costiera che affligge il litorale elpidiense. Sui social network all’indomani della mareggiata della scorsa settimana tutti hanno commentato, cercato di spiegare, provato a risolvere le mille tematiche connesse a questo problema. Anche durante la riunione in questione si è cercato di fare chiarezza su tutto ciò. Dagli sviluppi della discussione si è capito che il problema è molto grande e che nessuno vuole prendersi la responsabilità di affrontarlo a modo. Spieghiamo perché.

Con la riforma del titolo V della Costituzione del 2001 la competenza in materia di tutela del territorio viene affidata alle regioni. Quindi è la regione Marche l’ente indicato ad affrontare la questione. La regione dovrebbe attuare un piano di difesa della costa, ma nel bilancio regionale per la lotta all’erosione costiera non c’è nemmeno il capitolo di spesa.

I progetti

Sul nostro litorale però dei lavori sono stati fatti. Nel recente passato il comune ha dato incarico alla ditta Modimar di redigere due progetti: uno per la realizzazione di una darsena, ed un altro per la difesa della costa.

Le famose barriere soffolte(gli scogli a pelo dell’acqua) che partono dal camping Le Mimose e arrivano più o meno allo chalet Minù, fanno parte del progetto per la difesa della costa. Queste barriere sono state realizzate e collaudate, ma ad oggi c’è ancora un contenzioso giudiziario tra il comune e la ditta esecutrice dei lavori, perché non si sa se il materiale effettivamente messo in acqua corrisponda a quello previsto nelle carte. Nel frattempo gli scogli sommersi si sono assestati sul fondale e sono scesi di alcune decine di centimetri. Per alcuni ora sarebbero addirittura pericolosi, in quanto non spezzerebbero l’onda, ma la ingrandirebbero ancora di più. Per realizzare quest’opera sono stati spesi sei milioni e mezzo di euro(due terzi dalla regione ed un terzo dal comune), ma non sono stati previsti soldi per il ripascimento della spiaggia e per la manutenzione necessaria a mantenere efficienti gli scogli. Per questo appena installati funzionavano ed ora non funzionano più. Anche perché se avessero funzionato a dovere il mare avrebbe sfogato più a nord, mangiando la spiaggia di Tropical e Nero di sole.

Ma un altro è il progetto più intrigante e anche più dannoso: l’odiata ed amata darsena. All’inizio era stato presentato anche questo come progetto in difesa della costa, poi è stato inserito a forza all’interno del piano regionale dei porti per ricevere i finanziamenti. Come prima opera prevede la creazione di due “pennelli” di scogli, uno alla foce del Tenna, l’altro in direzione del fosso di Castellano.

Dall'alto si vedono i due pennelli, le scogliere soffolte e la silouette della costa

Dall’alto si vedono i due pennelli, le scogliere soffolte e la silouette della costa

Questi pennelli si sono rivelati controproducenti. Basta vedere su google maps la costa elpidiense per rendersi conto del lavoro che hanno svolto. Nel lato sud dei due pennelli ci sono accumuli di ghiaia e nel lato nord il mare mangia la costa(lo stesso effetto che si verifica intorno ad un porto). I più danneggiati sono stati gli stabilimenti balneari del lungomare sud per quanto riguarda il pennello del Tenna; la Playa de Cococciò e il camping La Risacca per quanto riguarda il pennello del fosso di Castellano(cioè la zona in cui sarebbe dovuta sorgere la darsena).

Il pennello sul fosso di Castellano che aumenta la spiagga davanti all'Holiday e annienta quella davanti a Cococciò e La Risacca

Il pennello sul fosso di Castellano che fa aumentare la spiagga davanti all’Holiday e fa diminuire quella davanti a Cococciò e La Risacca

Quindi le due opere fin ora realizzate a difesa della costa sono risultate inutili, se non dannose. Nonostante ciò alla ditta che le ha progettate l’amministrazione ha dato il compito di riscrivere un nuovo progetto darsena, perché il primo è stato bocciato dalla regione. Intanto però paghiamo i danni di un’azione impacciata a suon di decine di metri di spiaggia scomparsa.

Da quello che è emerso parlando con i vari gestori, la mossa ottimale sarebbe stata quella di creare un pennello alla foce del Chienti ed uno alla foce del Tenna, ed unirli tramite scogliere emerse o soffolte, in modo da creare un “vascone” che proteggerebbe la spiaggia elpidiense dall’erosione.

Puntare i piedi e creare un piano provvisorio

Perché però l’amministrazione non sembra convinta nel portare avanti una battaglia in regione affinché si attui un piano di salvaguardia della costa? Semplicissimo, perché costerebbe una marea di soldi. Significherebbe rompere le scatole, battere i pugni, mettere alle strette la giunta regionale affinché riesca a tirare fuori i soldi necessari. Il sindaco Franchellucci ha la forza di fare questo? Ma soprattutto, i nostri amministratori hanno voglia di rompere le scatole in regione, quando tra due anni ci saranno le elezioni regionali alle quali probabilmente qualcuno parteciperà?

Nel caso in cui il sindaco riesca nell’impresa, bisognerebbe comunque capire cosa si può fare negli anni che servono a portare a compimento l’iter regionale ed eventualmente i vari lavori. Cosa si fa a Porto Sant’Elpidio mentre la regione prepara il piano di salvaguardia della costa e lo realizza? Questa è la domanda più importante alla quale dobbiamo rispondere, e che ha cercato in tutti i modi di ribadire il consigliere Cerquozzi durante la riunione. Inoltre, visto che a Porto Sant’Elpidio dei soldi regionali sono già stati spesi, i prossimi finanziamenti non possiamo di certo aspettarceli di nuovo per noi, quindi i tempi si dilateranno ulteriormente.

Alla luce di tutto ciò l’amministrazione che propone? Il sindaco, l’assessore ai lavori pubblici, l’assessore all’ambiente, l’assessore alle grandi opere, che propongono di fare? Rispondere a queste domande non è solo cortesia, c’è in ballo il futuro di decine di famiglie che vivono grazie agli stabilimenti balneari che forse non sopravviveranno ad un’altra invernata di mareggiate, e c’è in ballo il futuro di tutta l’economia locale, perché se vogliamo vivere di turismo non possiamo farci portar via la spiaggia.

Il lungomare “Petrini”

Un ultimo punto è sembrato importante ribadire ad alcuni operatori balneari. La “colpa” di aver costruito gli chalet a dieci metri dal mare non è certamente la loro, ma di chi gli ha dato la possibilità di farlo. È chiaro che se gli chalet fossero stati costruiti quindici metri più ad ovest non ci sarebbero stati tutti questi danni, visto che le mareggiate sono sempre arrivate alla strada. Dovremmo chiedere all’allora sindaco Petrini perché ha voluto costruire un lungomare così addossato alla riva, prevedendo la costruzione di stabilimenti balneari che sarebbero potuti diventare facili prede delle mareggiate.

È ora di cominciare a chiedere conto del loro operato a quelli che hanno amministrato la nostra città, altrimenti cadiamo dalle nuvole ogni volta che succede qualcosa e sembra che quello che succede sia colpa del destino, non di scelte politiche fatte dagli amministratori del passato.

 

Immagine di copertina by: Alessio Cimadamore – archivio Post It Pse